Le vacanze natalizie e poi questo inizio anno sono stati lunghi, bellissimi, faticosi e parecchio parecchio sofferti.
Pare essere arrivato il tempo della consapevolezza, su tanti tanti aspetti della mia vita.
“Quindi, va tutto bene?”.
La risposta, per me che tendo sempre a minimizzare, a dissimulare le mie difficoltà, potrebbe essere: “Ma sì, dai, siamo un po' stanchi, ma abbiamo visto di peggio, non possiamo lamentarci!”.
Tutto vero.
C'è però una verità più profonda, più difficile da ammettere, più difficile anche da razionalizzare ed è stato complicato e un pochetto doloroso venirne a capo (ammesso che ci sia veramente riuscita).
Come già tante volte ho scritto, sono in un momento complesso della mia vita, in cui ho perso il controllo di tutto, delle cose pratiche e delle emozioni. E' un “momento” che però dura da settembre, un “momento” fatto di mesi, lunghissimo, estenuante.
C'è la stanchezza fisica a cui è facile trovare una spiegazione già solo guardando Killò e che è aumentata dalla mia decisione irrevocabile di riorganizzare tutta la casa; c'è poi la stanchezza emotiva e un totale scombussolamento di cui invece è più complicato stanare le cause.
Mi sono chiesta, senza trovare risposte, come mai tutti questi problemi pratici si affollassero proprio in un periodo in cui mi sento fragile e molto più vulnerabile del solito, ma il nocciolo della questione è un altro.
Sono nel pieno di una tempesta di emozioni (belle e brutte), al punto che a volte mi sembra di annegare in un bicchier d'acqua e questa sovraesposizione di stati d'animo mi rende difficile tutto, anche ogni piccola cosa pratica.
Bella scoperta, vero? :)
La banalità di certe scoperte mi lascia allibita. Dovrei saperlo che le emozioni forti bruciano energie e che lo stato d'animo condiziona ogni aspetto della vita. Lo dico sempre, agli altri, alle persone che mi scrivono e che non riescono a perdonarsi i loro periodi di crisi, le loro debolezze, ma tendo a pensare, evidentemente, che non valga per me.
Queste riflessioni, che possono sembrare sconclusionate, sono state il frutto di un duro lavoro di introspezione e le condivido nella speranza che offrano uno spunto di riflessione anche a voi (specialmente alle due neo-mamme che mi hanno scritto in questi giorni).
Le emozioni ci sono, anche quelle negative, quelle che non vorresti provare, quelle che ti vergogni di provare e bisogna accettarle, ascoltarle e cercare di capire cosa ci dicono.
Mi sono dovuta chiedere il motivo di tanta fragilità, di questa mia improvvisa vulnerabilità e ho dovuto scavare e scavare.
Inizialmente ho pensato che fosse dovuto all'
enorme (esagerato) investimento emotivo di cui ho caricato questo blog e specialmente quell'articolo su
Killò, Gesù e i suoi occhiali (
di cui forse tornerò a parlare). Questo è stato il primo punto di consapevolezza: io, che solitamente prendo distanza dalle cose, per molte ragioni e soprattutto per parare eventuali delusioni, non riesco a farlo qui, in rete. Non lo considero un bene.
Ho pensato poi che si legasse a tutti i sentimenti scatenati dalla recita di Killò e poi da quella di Biondazzurra, e da tante altre questioni personali, ma in fondo sentivo che me la stavo un po' raccontando.
In attesa di risposte che non trovavo, per contenere la frustrazione, mi sono data all'uncinetto compulsivo che è davvero un'ottima terapia.
C'è voluto molto tempo, ho pianto, ho riso, ho gridato come una folle alle due pesti, ho riso a crepapelle con le amiche (sempre siano lodate), ho litigato e fatto pace con Matteo e poi, finalmente ho visto.
Tanti fattori stanno contribuendo a questo mio scombussolamento, ma il motivo più profondo di questa mia crisi è la mia dolce Biondazzurra (di cui su queste pagine, per scelta, non parlo molto).
A settembre ha iniziato la scuola primaria e da allora, da quando abbiamo iniziato a svolgere i compiti per casa insieme, vorrei semplicemente strangolarla. I pomeriggi insieme sono diventati un incubo, e avevo forte l'impressione che creasse apposta problemi da aggiungere a quelli che già abbiamo. Forse ne parlerò diffusamente (forse no), ma in sostanza è questo il motivo scatenante di questo mio sbrocco emotivo.
Ci sono “momenti” in cui i nodi vengono al pettine, in cui ciò che non hai potuto o voluto risolvere in passato ti si ripresenta. Per dirla a modo mio, ci sono momenti in cui
il tuo freezer interiore decide in autonomia (maledetto!) di scongelare un pezzettino della tua riserva di emozioni congelate.
Ma facciamola facile (e breve).
Sapete qual'è l'argomento più scottante, quello che non sono ancora riuscita ad affrontare con me stessa e men che meno su queste pagine?
E' il rapporto fra fratelli e l'immensa responsabilità che noi lasceremo alla nostra piccola quando ce ne andremo; è la ricerca difficile di un equilibrio fra le attenzioni che dedichiamo quotidianamente all'uno e all'altra, è la consapevolezza che a lui ne servono di più ma lei non deve riceverne di meno.
Ho dovuto mettere in dubbio tutto, me stessa, il mio modo di essere mamma, i miei metodi, le mie convinzioni (e Matteo con me). Ho dovuto sospendere il giudizio e mettermi in ascolto, scavare in me, mentre spiavo lei e ogni sua mossa.
Ho dovuto uncinettare così tanto che rischio di imparare davvero.
Perché, se è fisiologica una certa gelosia fra fratelli, quando uno dei due ha bisogni speciali, come nel nostro caso, tu lo sai nel profondo che lei ha davvero motivi fondati di essere gelosa.
Anche Biondazzurra ha bisogni speciali. Le sue emozioni sono preziose, vanno rispettate e coltivate.
E' dura ammettere che tutti i tuoi sforzi per dare attenzioni ad entrambe non sono serviti, che non hai fatto abbastanza. Non è facile mettersi in ascolto, abbandonando le proprie convinzioni e l'umano desiderio di sentirsi nel giusto, per abbracciare il dubbio del “forse sto sbagliando tutto”.
Il fatto è che le emozioni, proprie ed altrui, sono messaggi, ti parlano, anche se non si capisce nulla (come con Killò) e devi avere pazienza, darti il tempo di trovare una chiave di lettura.
Ci sto provando.
E' devastante, mi toglie energia, mi scombussola. Mettersi a nudo vuol dire abbandonare le corazze ed esporre tutta la propria vulnerabilità, vuol dire piangere di più, guardare negli occhi lo sconforto e poi rialzarsi.
E' l'unico modo.
Per concludere questa riflessione, in cui i nessi logici non sono forse evidenti, voglio però specificare (a me stessa per prima) che, alla fine, tutto questo è solo un ostacolo sul percorso, probabilmente un guado necessario. Non è la fine del mondo, che è già avvenuta in dicembre ;)
E' l'inizio di un nuovo periodo, in cui alcuni problemi sono stati messi a fuoco e ora vanno affrontati, spero risolti.
E' la mia personale ricerca della felicità. Faticosa, ma necessaria.
Il sorriso c'è.
L'uncinetto pure.
Buon anno, alla ricerca della felicità.